sabato 27 giugno 2020

Review Party: LA GRAZIA DEI RE di Ken Liu


Buon sabato a tutti lettori,
oggi è il mio turno di parlarvi di LA GRAZIA DEI RE di Ken Liu, un romanzo edito da Mondadori  e che ho potuto leggere grazie al review party organizzato da Beatrice di Eynys Paolini Books


Titolo: La grazia dei re
Autore: Ken Liu
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 612
Prezzo: € 22,80 (cartaceo); € 12,99 (ebook)

 VOTO 2/5

Trama:L'Imperatore Mapidéré è stato il primo a unire i diversi regni dell'arcipelago di Dara sotto il dominio della sua isola d'origine, Xana. Dopo ventitré anni, tuttavia, l'Impero di Xana mostra segni di debolezza. Mapidéré è sul letto di morte, i suoi consiglieri complottano mirando ciascuno al proprio interesse, persino gli dèi sembrano adirati. Come se non bastasse, decenni di crudeli angherie e di dispotico potere hanno fatto sì che la popolazione non abbia nulla da perdere da una rivolta, ma molto da guadagnare.

È questo il mondo in cui vivono Kuni Garu, un affascinante perditempo poco propenso alla vita onesta, e Mata Zyndu, l'impavido figlio di un duca deposto, discendente di una nobile stirpe particolarmente colpita dalla ferocia di Mapidéré, che ha giurato di vendicarsi. Sembrano l'uno l'opposto dell'altro, ma durante la ribellione contro il potere imperiale i loro sentieri si incrociano in modo imprevedibile: diventano amici inseparabili, fratelli, e insieme combattono contro immensi eserciti, serici vascelli volanti, libri magici e divinità dalle forme mutevoli. Ma una volta che l'imperatore è stato rovesciato, Kuni e Mata si trovano a capeggiare fazioni rivali, con idee molto diverse su come si dovrebbe guidare il mondo, e su cosa sia la giustizia.


Recensione
Come potete vedere dal voto che ho dato a La grazia dei re, questo libro NON mi è piaciuto. Peggio ancora: non sono proprio riuscita a finirlo.

La grazia dei re non è un fantasy, checchè se ne dica in giro per il web, ma un romanzo di politica e strategia militare, ambientato in un mondo non reale, con qualche elemento soprannaturale caratterizzato dalla presenza di divinità che interagiscono tra loro.

L'imperatore Mapiderè muore dopo aver combattuto per più di vent'anni per unificare sotto la propria corona l'arcipelago di Dara. Il suo successore è un bambino, inesperto e mal consigliato, il cui governo va ad alimentare la rabbia della popolazione di Dara, già abbondantemente infuocata dalla tirannia di Mapiderè.
In questo clima scoppia, quindi, la rivolta, improntata a ristabilire l'indipendenza e l'identità dei singoli regni che formano l'attuale impero.

Ho trovato la lettura di questo volumone di 600 e passa pagine pesante, lenta, noiosa e monotona.
Ogni capitolo si apre con l'introduzione di un personaggio, il quale viene analizzato nel minimo dettaglio: dalla sua storia personale (vita, morte e miracoli), alla sua vita pubblica, al ruolo che svolge all'interno del racconto fino ad arrivare alla sua caratterizzazione. Dopodiché questo personaggio viene inserito nell'excursus narrativo e occupa la sua posizione nell'intricato puzzle che Ken Liu ha creato.
Questa sequenza si ripete per ogni personaggio e La grazia dei re ne ha molti: talmente tanti che non li ricordo nemmeno tutti e non so neanche se li ho affrontati tutti, perchè, ripeto, non sono riuscita a finirlo.
Tutta la prima parte è un pot- pourri di informazioni che mi hanno confusa e annoiata e mi hanno impedito di sviluppare una qualche empatia nei confronti dei protagonisti.


A rendere il tutto ancora più noioso e pesante è la quasi assenza dei dialoghi: il narratore onnisciente racconta tutto, lasciando poco spazio ai discorsi e alle conversazioni. Ma fa di più: le poche chiacchiere che i personaggi si scambiano nel corso di quella parte di libro che sono riuscita a leggere (la metà) e reggere,  sono inutili nel senso che non aggiungono nulla di nuovo e spesso sono filosofeggianti e ridondanti.
Questo aspetto, per me, è stato il più penalizzante di tutto il romanzo perché ha reso i personaggi vuoti e piatti.

Inoltre, la storia non si dipana mano a mano che si legge, ma tutto è già accaduto e questa circostanza mi ha dato la sensazione di star leggendo, non un romanzo, ma un libro di storia o la cronologia degli annali.

In conclusione La grazia dei re non mi è piaciuto poichè l'ho trovato noioso, lento, piatto e assolutamente poco coinvolgente, con un plot mal gestito e confusionario con una quantità assurda di nomi, luoghi e divinità da far quasi scappare la pazienza.

So che, invece, a molti è piaciuto. 
Voi lo avete letto? 
Come lo avete trovato?


martedì 9 giugno 2020

Review Party: LA CITTA' DI OTTONE di S.A. Chakraborty



Buongiorno a tutti readers!

Come state? Io alla grande: finalmente sono riuscita ad uscire di casa e sono rientrata a lavoro. Ero rinchiusa dal 9 marzo: prima mio marito è risultato positivo al covid, poi ho dovuto aspettare il mio turno per fare il tampone ed essere sicura di non averlo contratto da mio marito e tra un tampone e  l'altro e la lentezza della burocrazia si è fatto il 4 giugno....


Va beh, guardiamo il lato positivo: ho potuto leggere un sacco di bei libri e oggi vi parlo di LA CITTA' DI OTTONE di S.A. Chakraborty, che ho potuto leggere in anteprima grazie a Beatrice di Eynys Paolini Books, che ha organizzato il review Party, in collaborazione con Mondadori.



Titolo: La città di ottone
Casa editrice: Mondadori
Pagine: 528
Prezzo: € 22,00 (cartaceo); € 9.99 (ebook)

Voto: 3/5

Trama: Egitto, XVIII secolo. Nahri non ha mai creduto davvero nella magia, anche se millanta poteri straordinari, legge il destino scritto nelle mani, sostiene di essere un’abile guaritrice e di saper condurre l’antico rito della zar. Ma è solo una piccola truffatrice di talento: i suoi sono tutti giochetti per spillare soldi ai nobili ottomani, un modo come un altro per sbarcare il lunario in attesa di tempi migliori. Quando però la sua strada si incrocia accidentalmente con quella di Dara, un misterioso jinn guerriero, la ragazza deve rivedere le sue convinzioni. Costretta a fuggire dal Cairo, insieme a Dara attraversa sabbie calde e spazzate dal vento che pullulano di creature di fuoco, fiumi in cui dormono i mitici marid, rovine di città un tempo maestose e montagne popolate di uccelli rapaci che non sono ciò che sembrano. Oltre tutto ciò si trova Daevabad, la leggendaria città di ottone. Nahri non lo sa ancora, ma il suo destino è indissolubilmente legato a quello di Daevabad, una città in cui, all’interno di mura metalliche intrise di incantesimi, il sangue può essere pericoloso come la più potente magia. Dietro le Porte delle sei tribù di jinn, vecchi risentimenti ribollono in profondità e attendono solo di poter emergere. L’arrivo di Nahri in questo mondo rischia di scatenare una guerra che era stata tenuta a freno per molti secoli.

Recensione
Nahri è una ragazza molto speciale che vive di espedienti: tarocchi, letture della mano, riti magici per allontanare gli spiriti negativi sono alcuni dei "lavoretti" con cui si mantiene. Ed è molto brava in queste attività, o meglio molto credibile,  poichè può farlo sfruttando il dono speciale di riuscire ad entrare in sintonia con il corpo delle persone, sentirne la vita che scorre al suo interno e individuare eventuali malanni.
Proprio mentre svolge una di queste attività Nahri evoca involontariamente Dara,  quello che lei pensa essere un jiinn: uno spirito tipico della cultura medio-orientale la cui origine risiede nel fuoco. 
A seguito di questa circostanza, Nahri viene attaccata da una creatura che la vuole morta ad ogni costo ed è quindi costretta a fuggire con Dara verso la fantastica quanto misteriosa Citta di Ottone: Devabad.
La narrazione delle avventure di Nahri e Dara si alterna al racconto della vita di corte di Ali, secondo genito del sultano di Daevabad, il quale si trova invischiato con le attività di una organizzazione che cerca di sovvertire l'ordine della città, già in equilibrio precario.

La città di ottone è un romanzo molto bello ma non perfetto che, nonostante le sue 500 e passa pagine, si lascia leggere con piacere. 

L'autrice catapulta il lettore in un mondo, quello mediorientale, di cui non siamo abituati a leggere e introduce tutta una serie di figure mitologiche che in un primo momento possono confondere:
nomi e clan si rincorrono sulle pagine e il glossario  in calce è quasi come la manna dal cielo. Tuttavia, superato questo primo impasse, la lettura è molto piacevole.

Come dicevo prima, La città di ottone ruota intorno alle azioni di tre personaggi principali: Nahri, la protagonista, Dara, badboy non tanto bad e Ali, coprotagonista.

Il pregio di S.A. Chakraborty è quello di aver creato una protagonista femminile che non è perfetta per nulla, che ha dei limiti e ne è consapevole e che NON cresce improvvisamente e magicamente. Nahri è cosciente delle sue difficoltà, di non essere all'altezza della reputazione che la sua millenaria famiglia, di cui, peraltro, non sa nulla, ha costruito e, sinceramente, poco le interessa. Tutto ciò mi è piaciuto molto, sapete perchè? Perchè Nahri è vera: il suo atteggiamento è proprio quello che avrebbe chiunque di noi se ci fossimo trovati nella sua situazione e non quello che ci si aspetta che il protagonista di un libro abbia. Nahri non è perfetta, nessuno lo è, e si prende i suoi tempi e i suoi spazi per capire dov'è finita e dove sta andando.

Ali, invece, è proprio il suo esatto opposto: rigido, rispettoso, corretto, educato e a modo. La sua personalità è figlia dell'addestramento militare cui è sottoposto sin da bambino. La sua morale è integra e basata su una grande fede che, da un lato, lo spinge ad essere giudicato, ad uno sguardo un po' frettoloso, come bacchettone, dall'altro, però, è ciò che fa di lui una persona buona e votata alla giusta causa dell'eguaglianza dei diritti per tutti. La mia crush è tutta per lui. Ali mi è entrato nel cuore con la sua dolcezza, intelligenza, forza (eh sì, ci va anche quella) e ingenuità.

Infine Dara. Devo ammetterlo e, sicuramente andrò contro corrente: Dara è il personaggio che mi è piaciuto di meno per il suo lato decisamente troppo antiquato e maschilista, poco incline all'azione ragionata e più per "combino il guaio, poi vedo se ho sbagliato e magari risolvo". E' anche il personaggio a cui, a mio parere, l'autrice ha dato meno spazio e che ho trovato più piatto. Dalla lettura emerge che Dara sia qualcosa di più di quello che tutti credono: ha avuto un passato difficile e crudo eppure...per buona parte del libro ho avuto l'impressione che la scrittrice avrebbe lanciato la patata bollente, che ci avrebbe rivelato qualcosa su questo personaggio che avrebbe cambiato le sorti della vicenda e, invece....no. Forse (e spero) si è risparmiata per il secondo volume della trilogia ma questa scelta ha reso un tantino "inutile" il suo personaggio. Attendo, quindi, di leggere The Kindom of Copper.

In conclusione, questo primo capito mi è piaciuto anche se poteva, forse dare, un pelo di più. E' comunque un volume introduttivo che lascia il giusto spazio alla descrizione del mondo in cui si svolgono le vicende e che permette di conosce le dinamiche che andranno a svilupparsi all'interno dell'intera trilogia, anche se ciò ha reso buona parte della narrazione un po' lenta.
Inoltre, la scelta di alternare il racconto delle vicende dei protagonisti la apprezzo sempre molto perchè permette di avere un'idea a tutto tondo di quello che accade, oltre a rendere la storia più complessa ed interessante.  
Infine: la cultura mediorientale era per me del tutto sconosciuta e La città di ottone mi ha permesso di imparare qualcosa di nuovo.  Per cui vi consiglio di leggere questo libro.

Lo leggerete?
R.