Generalmente in questa rubrica trovate sia la mia pagina 99 che quella di Jaqueline: non oggi. Purtroppo la mia gemella ha problemi di connessione (speriamo che si risolvano in fretta!) e quindi potrete leggere solo la mia.
Siete curiosi di sapere cosa ho scelto per voi? Pagina 99 si trova circa a metà del libro, in un punto in cui, senza svelare troppo dell'intreccio dei fatti, se ne può capire il ritmo. Se volete saperne di più su questa teoria della pagina 99 (o 69 per alcuni) non dovete far altro che leggere QUI
Veniamo al dunque allora!
Stay di Tamara Ireland Stone
(è tratta dalla versione ebook...non so se coincide esattamente con la pagina 99 del cartaceo)
— Bennett è… un amico. Di scuola. Mi ha aiutato mentre… — Mi si smorza la voce quando vedo il viso di mamma contrarsi. Ma la sua espressione si rilassa subito e torna a sorridere appena le racconto la versione che Bennett mi ha detto di ripetere.
— Allora, grazie, Bennett. — Gli porge la mano mentre con l’altro braccio continua a stringermi, lanciando occhiate veloci a entrambi. — Non ho idea di cosa ci facessi là fuori, con questo tempaccio, ma suppongo sia stata una coincidenza fortunata. — Mi guarda di traverso con aria interrogativa e io mi limito ad alzare le spalle.
— Possiamo? — ripeto.
— Cinque minuti — dice papà, guardando l’orologio.
Porto Bennett verso la sezione Manualistica e finalmente siamo di nuovo soli, anche se per cinque minuti.
— Allora… — Lo guardo con espressione seria. — Suppongo sia questo il grande segreto.
— Sì. — Ride sottovoce. — Più o meno. — Tende le braccia e mi prende le mani. Le sue sono calde e morbide. — Devo raccontarti parecchie cose.
— Bene.
— Sei sicura di volerle sapere?
Annuisco.
— Pensi che ti permetteranno di saltare la scuola, domani?
Guardo l’orologio. Sono solo le otto e mezzo, ma mi sento stanca come se fossi rimasta sveglia per tutta la notte. Probabilmente sarà molto tardi quando torneremo a casa dalla Centrale di polizia. — Credo di sì, date le circostanze.
— Vengo alle dieci. Andiamo da qualche parte dove
possiamo parlare.
Lo guardo per avere subito le risposte che non voglio aspettare domani per sentire.
Si avvicina e sussurra: — Hai paura di quello che so fare?
Do un’occhiata alla stanza, alla polizia e ai miei genitori, e guardo di nuovo lui. Non ho paura, anche se immagino che dovrei. In questo istante sono solo felice di essere viva. E anche di vedere che i pezzi di quel puzzle che Bennett ha dimostrato di essere fin dall’inizio, ora cominciano a combaciare, ad andare al loro posto per formare un’immagine che forse un giorno riuscirò a comprendere. — No — dico. — Neanche un po’.
Allora vi ha convinti oppure no?
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